Sicuramente i casi di malagiustizia hanno dei fili conduttori che legano abilmente le sorti di molte persone che, a loro discapito, hanno perso tutto. Dignità, figli, vita… Indipendentemente dalla natura del problema in sé e delle ripercussioni, abbiamo identificato nell’operato di alcuni legali, una delle maggiori concause, assieme al sistema ed alla magistratura, del destino di molta gente.
La gravità di tali azioni ha compromesso fortemente la vita di tante persone tra cui Pino Falvelli, ex colonnello della finanza implicato in un caso di malagiustizia perpetrata nel tempo, nonostante la dura lotta ne è uscito sconfitto ed oggi ci racconta la sua esperienza
Dopo 25 anni di matrimonio felice e fondamentalmente privo di liti importanti, inizio luglio 2006 lei, dopo una lite con il figlio diciassettenne che si rifiuta di completare i compiti, una scusa apparentemente leggera. Al mio rientro la casa era vuota, i cassetti aperti, le sue cose sparite. Pensavo a qualche pettegolezzo sul mio conto, qualcosa che avesse suscitato in lei un sentimento fondamentalmente ingiusto. L’abbiamo cercata da alcuni amici, ma a Pomezia non c’era traccia di lei. Non rispondeva al telefono.
Dopo alcuni giorni mi contatta mia suocera cercando di capire cosa le avessimo fatto, mi disse che mia moglie aveva deciso per la separazione, che al momento era a casa del fratello in Svizzera, assolutamente decisa ad interrompere il nostro matrimonio e la nostra famiglia. Sosteneva di non amarmi più. Non voleva parlare con me, mi intimò di comunicare con l’avvocato, esclusivamente con lui. L’impressione che fosse tutto architettato prendeva sempre più terreno in me. Circa venti dopo giorni fece rientro a casa, speravo di poter risolvere la situazione o quanto meno affrontarla serenamente, cercando un confronto, ma nulla di fatto.
Dopo tre mesi vengo convocato dal suo legale, volevo sapere le motivazioni negate dal principio, noto nel suo studio una certa propaganda femminista, era uno studio di associati tra cui vi era la sua avvocatessa mentre il direttore era il presidente dell’ordine forense del tribunale di Velletri. Una serie di elementi che mossero in me qualche scrupolo. Forte di ciò, in tribunale chiesi che mi venisse firmata una ricevuta per la mia richiesta delle motivazioni, lo presero male, ero un colonnello della finanza, non certo uno sprovveduto. A quel punto, il mio legale si mosse per un accordo bonario. La controparte, a questa missiva, deposita la richiesta di separazione giudiziale, motivandola con la mia presunta gelosia, manie di capitalismo, per acquisti di qualche immobile in netta contrapposizione con stati di indigenza economica.
Durante l’udienza lei affermò di non amarmi più, appena qualche minuto per ribattere, dopo di che il giudice si ritirò. Al suo rientro, il clima era notevolmente cambiato, dapprima cercò di lenire la situazione mentre, tornato in aula, mi intimò di lasciare casa, determinando il mantenimento e gli alimenti senza possibilità di discussione. Mi disse chiaramente che se avessi avuto qualcosa in contrario avrei dovuto affrontare ciò durante un secondo grado di giudizio. Così fu, chiesi l’appello, dopo qualche tempo, in aula il secondo giudice fece una rivalutazione del caso, diminuendo gli importi degli alimenti e mi condannò al pagamento delle spese processuali.
A quel punto, il mio stesso legale mi consigliò di rivolgermi ad un avvocato esperto in diritto di famiglia, forse un po' tardi. Seguo comunque le sue indicazioni ed in cassazione venne chiesta una revisione del procedimento e l’addebito di colpa ma venne rigettato mio il ricorso. Il giudice giustificò l’abbandono del tetto coniugale come diritto da parte di lei di prendersi una vacanza.
Forte dei miei ideali di giustizia, con la divisa cucita nell’anima, da sempre a servizio della società a garanzia dei diritti, non accetto tutto questo e mi rivolgo ad un tribunale per denunciare sia i legali ma anche i giudici, per la condotta avuta durante i procedimenti. Mi venne chiesto di desistere alla denuncia al giudice. Ma per etica vado avanti. Mi rivolsi persino al CSM, raccontando la storia e pregando per un intervento, ma questo organismo, preposto alla verifica disciplinare ed alla eventuale repressione di comportamenti illeciti dei magistrati, non ravvisa reati. Asserendo che interviene solo per la disciplina, che sino a quel momento fu esattamente in contrapposizione con la deontologia che avrebbero dovuto applicare nei vari gradi di giudizio.
Questa “guerra” non si è mai fermata. Attraverso il suo nuovo legale, che le consiglia di fare intervenire la madre, che era intervenuta per un acquisto di un immobile, che sarebbe stata l’eredità di suo nipote, evitando perciò di fare un mutuo. In effetti questo immobile venne intestato a nostro figlio, ma a quel punto, la mia ex suocera, fu circuita dalla figlia e da i suoi legali al solo fine di mettermi in difficoltà, chiedendo che restituissi la somma, raddoppiandone la cifra, per un immobile intestato al nipote ormai maggiorenne.
In principio ebbi come l’impressione che il magistrato volesse andare a fondo della questione, ma poi fui comunque condannato alla restituzione della somma totale, nonostante il bene in questione fosse intestato a nostro figlio e da come stabilito in precedenza in uso alla mia ex moglie. Inutili i ricorsi, ho ricevuto ad oggi circa 30/40 atti di pignoramento, nonostante sia stato scagionato da qualsiasi addebito di colpa.
Ad og
gi la mia situazione è gravemente compromessa, tutte le mie proprietà sono all’asta, tramite un investigatore sappiamo che lavora in nero e quindi almeno gli alimenti, gradualmente, sono stati ridotti sino ad essere completamente azzerati. L’assegno divorzile venne tolto in cassazione.
Oggi il tuo messaggio qual è?
Voglio giustizia, con due pagine di calunnie ho speso centinaia di migliaia di euro per la mia difesa, senza ottenere nulla. Deturpato da un sistema compromesso. Sono stati vanificati tutti i miei tentativi di richiesta di aiuto a ministri, istituzioni, ai presidenti della Repubblica Napolitano e, successivamente, Mattarella, nessuno ha mandato ispettori e cercato di ristabilire verità e giustizia. Le varie richieste di procedimenti disciplinari sono state tutte archiviate, le calunnie circa la violazione dell’art 570 del codice civile e cioè la mancata sussistenza alla famiglia, hanno avuto pesanti conseguenze, nonostante l’addebito diretto sulla mia busta paga. Messo letteralmente al tappeto da questo sistema, oggi dedico la mia vita nella lotta contro l’ingiustizia, sono presidente dell’associazione Famiglia Società e Giustizia e componente del direttivo di Adiantum, attraverso queste associazioni cerco di aiutare gli altri per evitare che le persone subiscano il mio stesso inferno, auspicando per una società più attenta verso i diritti umani ed un ideale di giustizia che è ancora piuttosto lontano.
Pino Falvelli
Sara De Ceglia
Comments