Spett.le Direttore del Messaggero Dott. Virman Cusenza
Mi permetta di esporLe il nostro stupore in relazione all’articolo a cui avete dato spazio: https://www.ilmessaggero.it/…/violenza_donne_bambina_tribun…
che tratta una materia così delicata, ovvero una vicenda che riguarda una minorenne in un contenzioso civile ancora in attesa di giudizio. L’articolo-intervista riporta però una sola voce, quella della madre della bambina, la quale rivolge accuse anche molto gravi al padre. Sottolineiamo che tutte le affermazioni in questione, sulle quali si fonda l’intervista, sono state oggetto di istanze e di eccezioni da parte dell’avvocato della madre le quali sono tutte state puntualmente rigettate dal giudice in quanto ritenute infondate.
Potrà ben comprendere che chiunque in corso di una disputa giudiziaria abbia modo di accedere ad un quotidiano presentando esclusivamente la propria versione dei fatti, per giunta interpretandoli a sua personale convenienza e cavalcando quei temi così cari alla stampa come la violenza sulle donne e la tutela della maternità, è in grado di creare grazie ad una testata giornalistica accreditata come il Messaggero (ed in assenza di contraddittorio) un impropria suggestione sui lettori, sfruttando, come saprà, anche l’eco destata da un’interpellanza parlamentare.
Sia chiaro che non intendiamo contrapporre una versione opposta dei fatti, contribuendo ad interferire con il funzionamento della giustizia in una diatriba complessa; il Coordinamento di Associazioni che rappresentiamo: Colibrì, composto da numerose realtà nazionali ed europee di genitori separati, è consapevole per esperienza che dinamiche conflittuali come queste non sono purtroppo infrequenti ma che non devono essere oggetto di informazioni rese da una sola parte. Se il quotidiano d’informazione potesse invece disporre di tutte le informazioni potrebbe raccontare vicende super partes, analizzando le diverse voci in causa, senza incorrere in una presa di posizione non giustificata.
Capirà Sig. Direttore che pubblicare un articolo trattando una causa ancora non conclusa e basandosi su dichiarazioni senza una verifica della loro attendibilità e senza contraddittorio volte a “sparare” sulla controparte in una vicenda che tratta una minorenne che dovrebbe usufruire di una maggiore protezione, risulta poco in linea con l’autorevolezza del quotidiano da Lei diretto e più adatto ad un giornale scandalistico. Sussiste il rischio che l’”effetto shock” contribuisca a demonizzare la figura del padre nell’attesa di una sentenza che, con ogni probabilità, andrà in una diversa direzione.
A favore di completa informazione, ma senza cadere nell’errore di scendere sullo stesso piano della madre entrando nel merito della vicenda, ci corre l’obbligo di segnalare che quel padre, sul quale non pende alcun provvedimento penale, lo si tenga a mente, si è ben guardato dal richiedere un intervento della forza pubblica per non impaurire la figlia, nonostante i reiterati atteggiamenti ostacolanti in cui pare si sia impegnata determinatamente la madre. Ma di questo non ci pare vi sia traccia nel vostro articolo né tanto
meno di alcuna parentesi dubitativa che vi avrebbe potuto mettere in una posizione meno “schierata” senza conoscere i fatti delle parti.
La preoccupazione di una realtà composita come quella di Colibrì è rivolta ad un fenomeno frequente che va a costellare le dispute giudiziarie fra genitori nelle famiglie divise: la contesa dei figli. Una delle parti, perdendo di vista la relazione naturale genitore-figlio, si impegna nella battaglia contro l’altro genitore, dimenticando innanzitutto che i figli non sono proprietà private e che è loro specifico e riconosciuto diritto accedere sia alla mamma che al papà.
Ogni genitore che si trovasse davanti un muro che gli impedisse di frequentare la propria prole perderebbe la lucidità non potendo accedere ai figli. Ecco perché occorre che la diatriba fra gli adulti non ricada sui figli, poiché la strumentalizzazione di quel legame nient’altro è che la rappresentazione dell’incapacità di essere genitori. Risulta quindi evidente che demonizzare una parte va unicamente nella direzione di un pregiudizio nei confronti del figlio: la realtà ci parla della necessità di condividere i figli sia in tempo di pace che di guerra, perché per loro, i genitori sono due e due rimangono.
Chiediamo gentilmente al Messaggero di riportare queste nostre parole sulle vostre pagine per rendere almeno onore a tutta quella genitorialità responsabile che vi legge e che noi stessi rappresentiamo.
Nel ringraziarla di aver prestato attenzione, Le porgo i miei più cordiali saluti
Roberto Castelli Responsabile Pubbliche Relazioni & Comunicazione, Vice-Presidente di "Colibrì", Coordinamento Interassociativo Libere Iniziative per la Bigenitorialità e le Ragioni dell'Infanzia.
A cura di ROBERTO CASTELLI vicepresidente di COLIBRI'
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